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Sabato 16, nonostante l’intensa pioggia, la Biblioteca di Sìnnai si è riempita all’inverosimile, con tanta gente in piedi. Salvatore Dedola, glottologo, ha tradotto la STELE DI NORA, il documento più antico dell’Occidente, dal quale la lingua sarda emerge alla storia nella sua veste primigenia. La Stele è di facile lettura. Fu scritta in grafia fenicia perché allora il Mediterraneo non disponeva di alfabeti più pratici. Tale grafia servì da modello a tutto il Mediterraneo, a Greci, Etruschi, Sardi, approdando infine alla grafia latina.
La Stele recita: BITU RASU SU DE NÙGURA, SU CA BE-SARDIGNA ŠALOM. CA ŠALOM SABA, MELK-ATEN BENU, SU BANU NÙGURA LÛ PÛM Y. Traduzione “Al tempio principale di Nora, quello che sta in Sardegna, auguro fortuna. Chi augura fortuna è Saba, figlio di Melke-Atene, che ha costruito Nora di propria iniziativa”.
Dedola, con spiegazioni lucidissime e stringate, ha evidenziato la parentela che ognuna delle parole antico-sarde aveva col restante mondo di 3000 anni fa, con l’accadico, l’ebraico, l’aramaico, l’ugaritico, il sumerico. Una disamina etimologica magistrale che ha dimostrato un fatto elementare: quanto fosse stretto il legame tra le lingue, prima che i Romani trasformassero il Mediterraneo in Mare Nostrum, mettendo la museruola alle varie parlate rivierasche.
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