Il giorno e l’ora in Sardegna

DIE log. ‘giorno’. Base etimologica il sum. di ‘to shine, to be bright’. Il concetto greco di θεός è precisato dal collaterale verbo θέω ‘brillare, sfolgorare’: quindi θε- è forma distintiva (oppositiva) ch’esprime lo stesso concetto della radice sumerica di ‘sfolgorare’, cui si erano omologate le altre radici “indoeuropee” in dī- (es. lat. di-us), relative alla ‘luce del giorno’, allo ‘splendere, brillare, render chiaro’, che appunto hanno la base nel sum. di ‘brillare, sfolgorare, to shine, to be bright’. Quindi il lat. di-us ‘luminoso, divino, del cielo’, di-es ‘giorno’, gr. dī-os ‘brillante, divino, celeste’ hanno base nel sum. di ‘to shine, to be bright’ + u ‘universo’, col significato originario di ‘illuminare l’universo’; non sono quindi scomponibili in *d-ī, come pretenderebbero invece gli indoeuropeisti, che lo traducono bolsamente come ‘moto continuo (ī) della luce (d)’ (vedi Rendich), ossia in un modo che sta agli antipodi del pensiero scientifico.

ORA. I Sardiani avevano anche un nome per indicare la ventiquattresima parte del tempo giornaliero. Era un nome mediterraneo; cfr. it. ora, lat. hōra, gr. ὥρα ‘periodo di tempo definito’, la cui base etimologica è il sum. ur ‘to go along, to drag; andare lungo (la giornata), trascinare (il tempo)’.

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